16 – 25 ottobre 2013
IL VIAGGIO DEI CAVALIERI
Viste da dentro, le mura sono delabrè, rovinate da sedimentati passaggi di tempo e di mani, trascurate per l’impossibilità cronica di prendersene cura, impresa ciclopica, pare. In verità, a volte, una parete d‘aula appena rimbiancata riluce per qualche mese di sterile nitore; ma basta un anno di lezioni e laboratori e tutto torna omogeneo, il muro ritrova quella patina impastata di storia e sporcature che potrà anche infastidire, eppure qui dentro rassicura e accoglie.
Dentro, il castello è un gioco di percorsi longitudinali su cui si incrociano destini sbilenchi: corridoi solenni mangiati dalla penombra, freneticamente attraversati da ragazzi variopinti e scomposti, ma stabilmente presidiati da poderosi calchi classici, gessi di pregio un tempo candidi e venerati, ormai perdutamente oltraggiati da molte generazioni di piccioni ignari, e di studenti irrispettosi.
Muovendosi all’interno – lungo la monumentale sequenza di arcate del cortile d’onore, ai piedi degli scaloni che portano nelle immense stanze del tesoro della Pinacoteca e della Biblioteca Braidense, o nella Sala Napoleonica, dove ancora si respira quella compostezza che un tempo dava un senso esatto alla parola “accademico” – si sente subito di essere a Brera, non solo nel luogo fisico, ma in ciò che essa rappresenta nell’ immaginario. Ma si sente di esserci anche quando si trascorrono ore in aule inadeguate, in laboratori dove manca sempre qualcosa, nei ripostigli misteriosi dove si accumulano opere di esercitazioni dimenticate.
Brera antica e solenne, Brera vecchia, inattuale e futuribile, incurata, incurante, pesantezza e bellezza, orgoglio e fatiscenza, aristocrazia e plebaglia dello sguardo e del pensiero, competenza e improvvisazione, passione e discanto: Brera, l’istituzione, l’Accademia dei desideri e delle grandi aspirazioni, la fortezza delle disillusioni che non si arrende mai.
Con un titolo come “Fuori dalle mura” questa iniziativa, che ad ogni edizione invita un gruppo selezionato di studenti a “uscire da Brera” per esporre in una galleria, non può che evocare una dimensione un po’ epica, sospesa tra la fiaba e la metafora dell’impresa coraggiosa: l’Accademia è un castello isolato, forse addormentato dall’incantesimo di una fata ignorante, da cui bisogna andarsene. E così viene il momento in cui il giovane aspirante cavaliere, maturo per la sua prima prova di iniziazione, oltrepassa il ponte levatoio e si avvia verso un “altrove”che ha altre geografie e altri codici d’onore. Saprà portare la sua opera nel mondo, allestire in uno spazio estraneo, esporsi a un vero pubblico, reggere il rapporto con un gallerista difficile e superare la sua prima speranza di venire investito del ruolo di artista?Saprà avere un progetto?
Se è indiscutibile che organizzare Fuori dalle mura significa offrire agli studenti l’occasione di confrontarsi con il sistema dell’arte e della strada, mettendoli alla prova – come è sacrosanto che sia – in un contesto che simula la professione dell’artista, tuttavia la portata di questo invito a mettere il naso fuori dall’incubatore della formazione artistica non si esaurisce, a mio avviso, nella possibilità di sperimentarsi e farsi vedere.
Mi sembra, anzi, che l’opportunità più significativa offerta a questi studenti di talento sia piuttosto quella di prendere le distanze necessarie per potersi voltare indietro, per capire se il luogo da cui si scostano sia ancora un punto di riferimento, una piccola patria a cui essere appartenuti. Vista dall’esterno, cosa significa stare a Brera? Apparentemente immutabile, in realtà varia e variabile, determinata e stralunata, l’Accademia è in verità uno dei luoghi più permeabili al mondo, una cittadella fortificata dalle molte aperture verso l’Europa, verso l’Oriente, verso ogni genere di esperienza o personaggio che, anche tangenzialmente o imprevedibilmente, possano avere a che fare con il pensiero artistico. In perenne esercizio di funambolismo tra tradizione e innovazione, essa suscita al tempo stesso un senso di insofferenza ed appartenenza. Uscire dalle sue mura significa uscire armati, portandosi gli strumenti – conoscenze, competenze, abilità, sensibilità, incoscienza e consapevolezza – che pochi anni di studio hanno saputo dare, e cercare di capire se sono quelli giusti per varcare il confine. Allontanarsi ha un senso solo se si sa da dove si è partiti.
Valeria Tassinari