Beppe Sabatino. Il pesce, il pilastro e l’acqua.
di Ida Chicca Terracciano
Il primo incontro con il nucleo di opere che oggi si articola e si qualifica attraverso un vero e proprio ciclo di sculture polimateriche e policrome è avvenuto in autunno nelle preziose sale rinascimentali di Palazzo Branda Castiglioni, oggi museo aperto al dialogo tra il patrimonio storico ed il sistema dell’arte contemporanea.
L’installazione di quelle prime sculture segnalava l’inizio di un percorso che, pur relazionandosi con quanto maturato nel dialogo tra pittura e supporto fisico, tra monocromia e analisi della forma, annunciava l’allargamento del suo campo di azione allo spazio e suggeriva la cultura dell’opera monumentale attraverso un progetto espressivo proiettato verso le dimensioni ambientali e sottolineato dalla funzione allegorica della fontana.
Questi elaborati, intriganti nella loro originalità linguistica, sono caratterizzati dall’attenzione iconografica rivolta al “corpo” guizzante di un pesce, alla sagoma veloce del suo movimento colto tra i distinti stati di liquidità e d’aria; pesce sospeso, catturato nella velocità del tuffo, immobilizzato con la bocca a raso di una superficie non più liquida, anzi, impenetrabile come può esserlo la struttura portante di un pilastro che funge da fontana. La separazione tra i due elementi, l’incomunicabilità non solo tra i due distinti soggetti, ma anche tra gli stati vitali e le superfici, è sottolineata lungo l’intero ciclo di opere ed insistita da Beppe Sabatino attraverso la ricorrente diversificazione dei materiali usati.
Viene a definirsi così uno stato di confronto significativo tra gli elementi per un “tuffo” con valore di passaggio definitivo da compiersi, di andata e/o ritorno, tra l’elemento originario o l’ingresso in una “nuova dimensione”.
L’intero ciclo gioca sullo stato riflessivo di un’incomunicabilità tra la leggerezza, forse la stessa sensualità, colta nella vitalità e nel movimento del pesce, ed il rigore della scultura, la sua strumentale funzione, la sua impenetrabilità rispetto all’originario stato liquido.
Tra pesce e pilastro, definiti nella loro silenziosa natura, Beppe Sabatino gioca moltiplicando la casistica delle soluzioni, scambia i dati di supporto costitutivi tra caldo e freddo, tra morbido e rigido, tra luce e oscurità; ad ogni tentativo di dialogo, anzi ad ogni guizzo del pesce, camuffato nella sua sostanza, risponde l’opposizione impenetrabile di quel supporto-sostegno chiuso e rinserrato su se stesso.
La sensazione di una centralità di un carattere scultoreo-monumentale in questo ciclo di maquettes, in cui la produzione pittorica e l’evidenza coloristica cedono il passo ad un’ampia declinazione espressiva, introdotta dai valori tattili dei diversi materiali impiegati, si rafforza attraverso il processo linguistico della serialità insistita.
Le proiezioni e le interferenze sullo spazio sono suggerite anche dalla struttura fortemente iconica del soggetto, costituito da elementi essenziali: il pesce, il pilastro, l’acqua.
Queste maquettes nella loro proiezione ultima, si innalzano interrompendo la continuità dello spazio circostante e auto-segnalandosi attraverso superfici di supporto diverse come
la pelliccia o il tessuto, mostrando la loro struttura piana dipinta o ancora affermando la loro arcaica primarietà attraverso il legno, il bronzo, il rame, la pietra.
Rispetto ed all’interno di questo primo dialettico contesto tematico e linguistico, l’artista introduce idealmente e con chiaro valore di riorganizzazione, la presenza dell’acqua; ad ogni scultura infatti Beppe Sabatino vede collegata la funzione della fontana, andando prima a cogliere il valore antico, dispensatore di benessere, della sorgente, poi la vitalità sonora di uno zampillare di acque. Rispetto al dato di incomunicabilità intercorso tra struttura di appoggio e movimento della sagoma, il guizzo dei pesci fuor d’acqua sembra riaprire il gioco e la partecipazione, il movimento e la creatività nella fruizione.
Il nuovo ciclo di opere di Sabatino, insieme pesce e pilastro, scultura e fontana, realizzano la doppia immagine fatta di staticità e di azione, di accoglimento e penetrazione, di rigore minimale e libertà del gesto, la cui reciproca opposizione va a formare una costruzione all’insegna della complementarità.
Nasce non solo una scultura che si articola nello spazio ideale di una piazza, ma un complesso vivace e vitale, uno zampillante sistema plastico che sembra rimandare idealmente ai giochi d’acqua delle grandi regge del Settecento; un sistema che dal modulo muove verso il dialogo e l’eco dell’acqua, un gioco dal segreto gusto erotico.